Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
L'uomo come enimma
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 294, p. 3
Data: 11 dicembre 1955


pag. 3




   Su questo pianeta vivono duemila milioni di creature verticali che non sanno dire chi sono.
   Per il fisico l'uomo è un po' d'argilla parlante che tornerà ad esser polvere.
   Per l'anatomico uno scheletro bianco rivestito di polpa rossa o un sacco con sette orifizi.
   Per il filosofo un animale politico, un fabbricante d'arnesi, una mente servita da organi, una « canna pensante », il re della creazione.
   Agli occhi dei cinici siamo bestie senza penne e scarse di pelo che metton più di mezzo secolo a morire: ora maiali contenti della broda, ma più spesso scimmie in calore, cani mugolanti o pecore inferocite.
   Al cercacielo l'uomo appare un povero grumo di carne, concepito nel peccato e sottomesso al dolore finchè la morte non liberi lo spirito prigioniero.
   Tutti costoro vedono frazioni della verità ma in un lampo e in enimma: epigrafi ed epigrammi. Un ritratto dell'uomo rappresentato al naturale, tutto intero, tigne e aureole, macchie e luci, non c'è. Vi sono, sì, certi dottori che si vantano in greco d'insegnar la scienza dell'uomo, ma non offrono, poi, che misurazioni di teschi, tavole di pigmenti e liste d'usanze: la pretenziosa antropologia non conosce dell'uomo che gli ossi e i cenci.
   Ti rivolgi, per conforto, agli psicologi? Alcuni t'insegneranno a distinguere la sensazione dalla rappresentazione e la rappresentazione dall'appercezione, l'appercezione dall'ideazione, l'incoscienza dalla subcoscienza, la subcoscienza dalla coscienza e via seguitando. Altri ti presenteranno le statistiche dei tropismi o la topografia del cervello a meno che non tornino alle vecchie « facoltà dell'anima » con prolissi discorsi sulla memoria in generale, sulla passione in generale o sulla volontà in generale.
   Insomma: o nomenclature dell'esterno o l'interno ridotto a schema di astrazioni. O l'inventario di un cadavere o lo smontaggio d'un manichino filosofico, che non fu mai vivo. Realtà piena e vivente mai.
   Quando non si riesce ad agguantare una verità in venti parole definitive bisogna scrivere migliaia di pagine e non si arriva lo stesso a dir tutto. Soltanto quando l'uomo avrà accettato con umiltà tutti i misteri divini cesserà di essere un mistero per se medesimo.


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